Nell'aprile del 2014 Kiev ha lanciato un’operazione militare nelle province orientali per soffocare la rivolta della parte russofona del Paese contro il violento cambio di potere (fatti di Maidan).
Gli eventi bellici seguiti hanno coinvolto centri abitati, infrastrutture e larghe fette di popolazione inerme provocando la morte di migliaia di civili.
Poco di tutto questo è apparso sui media occidentali che hanno presentato i russi come fomentatori della rivolta e principali responsabili di quei fatti.
Attualmente nel Donbass vige ufficialmente l’armistizio derivato dagli accordi di Minsk, nonostante sia Kiev che le autorità della DNR, denuncino continue violazioni del cessate il fuoco.
Le assicurazioni fornite dalla NATO sul rafforzamento del sistema difensivo/offensivo dell’Est Europa e le massicce esercitazioni militari delle truppe NATO (tra cui reparti dell’Esercito Italiano) lungo il confine nord-occidentale della Russia hanno incoraggiato il leader ucraino Poroshenko ad alimentare il “fronte” inviando mezzi pesanti e artiglieria in prossimità della linea di contatto fra le parti, nonostante le rassicurazioni ufficiali. Nell’area di Pervomáiskoe, una delle tante località del Donbass distrutte nel corso dei combattimenti, è stato osservato il rischieramento di almeno 14 sistemi d’artiglieria, 13 carri armati e sei sistemi lanciarazzi Grad.
È verosimile ipotizzare che il Governo di Kiev stia preparando una nuova offensiva contro le formazioni indipendentiste per abbatterne le difese e recuperare i territori controllati dagli indipendentisti.
Nonostante l’eventualità di una nuova offensiva resti nei fatti ancora sulla carta, il solo rischio di escalation potrebbe far precipitare la situazione e provocare l’intervento diretto di Mosca in difesa dei russi del Donbass.
Le dichiarazioni bellicose del segretario della NATO Stoltenberg durante il recente vertice di Varsavia e la ruvida presa di posizione della cancelliera tedesca Angela Merkel nei confronti della Russia, contribuiscono ad alzare la tensione, rendendo concreto il rischio che la situazione militare tra Mosca o Occidente precipiti.
Da settori antagonisti e da coloro che per decenni hanno inveito contro il “militarismo guerrafondaio” della NATO si sono levate poche voci di protesta. Il dinamismo della NATO oggi passa in sordina soprattutto negli ambienti che fino al ’91 hanno guardato a Mosca come interlocutore ideale.
La pace evidentemente assume diverso valore a seconda del colore delle bandiere.