FUNE DI VINCOLO

SI PRECISA CHE QUANTO ESPOSTO NEGLI ARTICOLI NON RAPPRESENTA, E NON PUÒ RAPPRESENTARE, NÈ LE POSIZIONI DELLA SEZIONE DI ROMA NÈ TANTOMENO QUELLE DELL'ASSOCIAZIONE, MA COSTITUISCONO MERAMENTE OPINIONI RIFERIBILI AL SOLO AUTORE.

Discorso del Presidente

alla Cerimonia di Commemorazione dei Paracadutisti del Reggimento Folgore.

Roma (Verano) 7 Giugno 2015

Signore Dio, Padre di tutti gli uomini e Signore degli Eserciti, noi ti ringraziamo per averci dato la possibilità di ritrovarci ancora una volta in questo sacro luogo a commemorare insieme i nostri giovani fratelli di ieri. Qualcuno dei nostri fratelli di oggi ci ha lasciato nello scorso anno ma, possiamo esserne certi , sono anche loro qui con noi per ricordare.

Quasi tutti ancora non ventenni, i giovani paracadutisti la cui memoria oggi onoriamo scelsero volontariamente la guerra all'indomani della resa dell’Italia alle forze dei paesi “ alleati “ e, abbandonando affetti familiari, scuole e posti di lavoro, impugnarono le armi ripercorrendo la strada di altri giovani eroi italiani, quali quelli della “ Compagnia dell’Onore “ e del battaglione “Pisano”. D’impulso, senza titubanza alcuna, varcarono le soglie di caserme , spesso diroccate , per vestire l’ “ultimo grigio verde “ e andarono incontro ad esperienze senza eguali, dense di significati ideali, colme di intense emozioni, sotto la spinta di motivazioni che attingevano la loro sostanza nella sfera più profonda dell’animo di una generazione intera. La vicenda , triste e gloriosa , di questi giovani che, pur consapevoli di affrontare una guerra disperata, e oltretutto, non per loro volontà, fratricida e contraria ad ogni onorato principio dell’unità nazionale, pare riecheggiare l’epica greca delle Termopili e merita una rivisitazione obbiettiva, se non altro perché il ricordo non sbiadisca e la Storia non resti monca.

In un tragico momento storico della Nazione italiana partirono, con slancio tutto giovanile, per una guerra ormai perduta, ma che loro sentivano non conchiusa nelle motivazioni ideali e nelle ragioni etiche. Si è, faziosamente, sostenuto che la determinazione di questi ragazzi-soldato altro non fosse che una scelta mossa da automatismi impositivi, impulsi psicologicamente obbligati e dunque svuotata di significati. Ma noi sappiamo che così non fu; fu invece una drammatica, per molti fatale, vicenda, una esaltante avventura ideale, affrontata, con convincimento e piena adesione, in nome di valori radicati, ma vilipesi e traditi. Quel tragico momento storico mostrava un allucinante panorama di sfacelo morale e materiale; soprattutto se osservato con gli occhi e percepito con il sentimento di giovani che, per educazione e costume, erano orientati all’assoluto. Subentrò allora, dapprima forse istintiva e indistinta, ma poi sempre più potente e ponderata l’ansia del riscatto, la volontà di reagire.

Il senso della umiliazione inflitta all’”Onore d’Italia “, vissuta come un’onta da cancellare ad ogni costo, si tradusse in uno scatto di orgoglio. Uno stato d’animo, che è ben descritto dalle parole di un grande Comandante di quei giorni : “…. Volevano mettere in luce e in bellezza lo spirito di combattività dell’italiano che non si rassegnava ad un armistizio considerato obbrobrioso, ma intendeva far vedere che sapeva morire combattendo contro il nemico. Questo era un poco quello che giaceva in fondo allo spirito di questi uomini …. “. Una coraggiosa reazione , dunque , fatta di onore e giovinezza, disinteresse e generosità, e di ribellione a tutto quello che di oscuro, di ambiguo, di pusillanime e imbelle si percepiva fra le pieghe della “resa senza condizioni “.

Una delusione profonda: quei giovani comparavano il passato col presente e misuravano la reale dimensione del vuoto, la distanza tra l’abbandono dei patrii ideali e la tenace affezione ai valori irrinunciabili di cui si sostanziava la loro giovinezza. Questa spaventosa dimensione non poteva non provocare un moto di rivolta e la conseguente reazione che li portò ad opporsi fisicamente alla vergogna in atto, ricercarne il riscatto con la propria partecipazione, a qualsiasi prezzo , fosse anche quello della vita. “ Finalmente posso senza divieti e limiti ispirare, proteggere, guarire la nostra adorata Italia ferita ma immortale “ Così avvenne che quei giovani, a fronte alta ed a viso aperto, entrarono nel vivo della Storia per esserne gli autori, e con il loro agire si fecero interpreti delle parole di un grande filosofo del loro tempo: “I popoli non muoiono se alle sconfitte sopravvive indomita la loro volontà di indipendenza. Non distruggere tale volontà , questa la condizione per non perire”.

Mossi da questo nobile intento, trovarono, senza averli coscientemente cercati, parallelismi e paradigmi capaci di congiungerli alla storia nazionale e sostanziarono la loro scelta, aliena da ogni faziosità, di uno spirito che strettamente connette la loro azione alle imprese patriottiche del passato: dal Risorgimento, su fino ai Comuni, al giuramento di Pontida ed alla romanità. Una sorta di Rinascimento crepuscolare, fortemente voluto e portato innanzi con incrollabile decisione. Scelsero la guerra disperata, non importava come questa sarebbe finita, ma era un doveroso imperativo combattere con onore e fino all’estremo contro gli eserciti stranieri che stavano violando il suolo e gli ideali della patria. Fu questa motivazione a conferire al loro operato, oltre a quella etica, un’innegabile legittimazione storica.

La storia, quella parziale scritta dagli uomini, ha messo in ombra l’eroico gesto di questi giovani, ma la Storia, quella tracciata dall’umanità nel suo lungo percorso, lo conserva intatto nella sua purezza e nella sua sostanziale onestà e nessuno potrà , in alcun modo , cancellarlo. Vorrei , allora , che noi tutti , noi che ogni anno ci riuniamo in questo luogo per ricordare il loro sacrificio, di questo fossimo pienamente consapevoli: con la nostra presenza qui, noi stiamo scrivendo, anno dopo anno, una pagina di quella storia che gli storici di professione si ostinano a sottacere. Un dovere morale si impone alle nostre coscienze : ricomporre la verità storica e tramandarla alla memoria di coloro che verranno dopo. Ad essi l’ ”ardua sentenza”, ad essi il compito di ricondurre sotto la giusta luce l’operato di chi diede la propria vita, non importa su quale barricata, per salvare “ l’Onore d’Italia “.

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