Discorso del Presidente Adriano Tocchi alla cena de "Il primo martedì del mese" - 6 settembre 2011
Il rilevante numero dei convenuti, oggi, a questo incontro non è casuale: non si tratta di un evento accidentale, fortuito.
La Sezione di Roma, negli ultimi mesi, ha dato l’avvio e provveduto, in parte, alla realizzazione di un incisivo processo di riassetto e di potenziamento delle attività istituzionali. Ciò è stato possibile grazie al contributo fattivo di tutto il Consiglio, questa sera presente al completo, e di alcuni soci tra i quali vorrei, in particolare, menzionare i paracadutisti Massimiliano Cocciolo, Luigi Benedetti, Simone Romanini e Adriano Fava. A tutti esprimo la mia più sincera gratitudine.
Questa sera, la massiccia presenza di paracadutisti, credo fortemente voluta e sentitamente partecipata, ha il preciso intento di marcare, in maniera concreta, il significato che il Primo Martedì del mese riveste nel contesto storico e etico della nostra Sezione. E’ precisa volontà di recuperare questo evento tra le attività proprie della Sezione, restituendo allo stesso, nello spirito e nei numeri, l’importanza che tale appuntamento ha avuto sin dai primi anni della costituzione del nostro sodalizio. Non mi dilungherò a narrarne la storia e ricordarne le motivazioni. Ognuno lo potrà leggere sui fogli che abbiamo provveduto a lasciare sui tavoli e forse lo avrà già letto sul nuovo sito del quale la Sezione si è dotata. Mi preme solo sottolinearne, ancora una volta, il profondo significato.
Il progredire finalizzato degli accadimenti non può, però, marciare con il passo statico dei ricordi. Questi, se pur continuano a rappresentare il patrimonio morale e spirituale cui riferirsi, hanno bisogno, per non restare cosa morta, di attualizzarsi rivitalizzandosi nella azione e, se necessario, nella lotta che ognuno di noi è chiamato a sostenere nella vita quotidiana. Uno stile di vita, quello del paracadutista che deve essere sempre riconoscibile e che non consente deroghe di sorta, nella vita associativa e, se possibile ancor più, in quella privata. Una P maiuscola che ha il suo DNA nelle radici della nostra storia: in quella di ieri e in quella di oggi.
Guai, difatti, a chi non riconosce le proprie radici ma altrettanto guai a chi non sa trarre da esse la linfa necessaria a far crescere e sviluppare nuovi rami e, quando necessario, a restituire energia e vitalità alle piante inaridite per la incuria o prolungate condizioni di sofferenza.
La nostra Associazione, in controtendenza agli accadimenti di quel periodo della storia nazionale, è nata dall’ incontro di reduci della Folgore dell’Africa, di quelli che avevano combattuto a Poggio Rusco, Grizzano, Filottrano, Montelungo e di quanti, scelta forse la via più difficile, avevano combattuto con il motto “ Per l’onore di Italia”, cucito sulla manica della giubba di battaglia. Soldati che avevano, quali requisiti comuni, doti eccezionali del senso dell’onore, del valore militare e della lealtà alla bandiera, dimostrate ripetutamente su diversi campi di battaglia, anche avversi. Concluso il conflitto, quegli uomini, senza nulla rinnegare delle proprie appartenenze, hanno dato al popolo italiano un segnale speciale che solo uomini speciali potevano dare e che, difatti, solo da pochi è stato raccolto. Il vincolo del paracadutismo al di sopra di tutto: anche di una guerra combattuta su fronti opposti, dei morti, del sangue versato, delle sofferenze e delle mortificazioni subite. Muovendo da questo unico, granitico convincimento, ignorando un passato che, voglio ancora sottolineare, li aveva visti anche avversari, hanno voluto darsi una casa comune, ove fossero riconosciuti quali unici valori fondanti, al di sopra e oltre ogni distinzione, il ricordo delle battaglie sofferte e dei caduti, l’onore del soldato, l’amore per la nostra specialità e per i valori ad essa correlati.
Alcuni mesi fa ,come mi piace esprimermi, sono stato richiamato in servizio. Mi è stato chiesto di tornare ad assumere la responsabilità della nostra Sezione, turbata da eventi che ne avevano posto in forse l’unitarietà e l’unicità dell’obiettivo da perseguire, vale a dire l’interesse associativo, la difesa della P maiuscola. Ho chiesto una pausa di riflessione che ho speso soprattutto per cercare di analizzare le cause della crisi e comprendere se ciò che mi si chiedeva fosse alla mia portata.
Come è evidente, ho deciso per il si.
In occasione della prima riunione del consiglio, avvertendo la necessità di dare un segnale forte di inversione di rotta e di ritrovata unitarietà, sono riandato a quanto detto in merito alla vittoriosa determinazione unitaria dei nostri padri e, sulla scorta di ciò, ho chiesto a tutti i presenti, ponendolo come condizione pregiudiziale e imprescindibile, l’impegno di considerare cancellato il passato. Da quel momento, faide, fazioni, risentimenti avrebbero dovuto essere, categoricamente, dimenticati, proscritti nell’interesse esclusivo di un rilancio e di una irrinunciabile rifondazione spirituale e materiale della Sezione. Sono fermamente certo che quest’ultima abbia preso le sue mosse sin da quella sera. D’altra parte, come ho detto in premessa, già molto lavoro è stato fatto grazie alla fattiva collaborazione di tutto il Consiglio. E non ho motivo di dubitare che non si voglia proseguire sulla strada intrapresa.
So bene, però, che sussistono, anche se limitate, sacche di resistenza al nostro, e dico nostro, nuovo ordine, ma colgo questa occasione per dire, alto e forte , a quei signori che il tempo per le meschinità, il tempo del Kali Juga è scaduto. Verranno inevitabilmente ed impietosamente emarginati da quella che sono certo è e sarà la comune determinazione di spazzare via ogni tentativo di utilizzare per finalità diverse da quelle istituzionali, peggio per interessi privati, le attività associative.
Vorrei che, questa sera, tutti insieme dimostrassimo il comune coinvolgimento in questo progetto teso a realizzare e sviluppare il nostro nuovo ordine, come ribadisco, necessariamente, inserito nel solco irrinunciabile della tradizione. Conoscendo personalmente la pressoché totalità dei presenti e perciò lo spessore morale dei singoli, chiedo a tutti un atto esteriore che valga a testimoniare l’impegno comune sulla strada intrapresa. Ognuno di noi, poi, lo porterà da questa sera con se, nel segreto del proprio cuore.
Tutti in piedi cantiamo assieme la prima strofa del nostro canto “ Come Folgore dal cielo”.